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alla sua fantasia, una seducente forma di donna: e una voce lusinghevole pare che canti: Beau chevalier, qui partez pour la guerre...
— Barberina, Barberina! — chiama l’uomo, allucinato.
Nell’ampio giardino che è chiuso, intorno, da un alto cancello di ferro, le cui sbarre sono lucenti di una tinta bronzea e, in alto, le lancie sono dorate, già l’erba cresce in un verdino chiaro, nelle aiuole ben disegnate, ed essa si curva languida, sotto il soffio tiepido, impercettibile, quasi segreto del marzo cadente: le pianticelle dei fiori, e i più solidi arbusti e le piante più alte, si covrono di piccole gemme chiare, e gli alberi che ebbero, sino a ieri, dei rami neri, nudi e attorti, mettono come una infantile capigliatura di fogliette nuove. L’antica villa patrizia, è in fondo al giardino, dietro gli alberi: e appare nel suo mirabile stile palladiano, solo nei mesi d’inverno: dalla primavera all’autunno, essa è nascosta dietro la floridezza sempre più ricca delle piante e degli alberi, che la nascondono agli occhi del viandante, mentre l’alto cancello serrato, la custodisce ermeticamente. La famiglia proprietaria, è tutt’assente: il capo di famiglia è sotto le armi, la sua signora è in Croce Rossa; i vecchi e i bimbi sono stati condotti lontano, perchè la villa è in avanzata zona di guerra, collocata sulla larga via maestra, di quella parte più estrema del Veneto: adesso, è occupata da un alto comando di guerra e vi ferve, intorno, un continuo rombare di automobili, e vi si agita, ovunque, un continuo flutto di uomini, soldati e ufficiali, a piedi, in bicicletta, persino a cavallo. Anzi, laggiù, in fondo al giardino, dove esso confina coi campi, pascolano tre bei cavalli e due