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nella boscaglia, ove s’intravvede una figuretta feminile, una camiciuola bianca sovra una gonnelluccia bruna, un fazzoletto giallo e nero, sovra certi riccioli neri: il canto, trillato, ove pare scorra un riso, si fa più nitido.
— Fuoco, perdio! — urla il caporale Martinengo.
La scarica dei fucili, è tutta diretta contro quella piccola donna cantante: Luigi Fratta, rapido, ha lanciato la sua bomba a mano, nella medesima direzione. Si è, forse, udito un grido di donna? Lo ha udito, qualcuno? I fucili ricadono a terra: la boscaglia è deserta. E lievemente, aereamente, arriva, di nuovo, il canto di colei che sparisce e, con lei, dilegua, si spegne quel soffio di voce muliebre, ove era anche un riso, un riso beffardo, un riso atroce.
— Ti sei salvata, canaglia austriaca! — bestemmia il caporale.
Si china, muto, Paolo Sambucetti: e raccoglie, nel suo fazzoletto, una zolla di terra e un pietra, ove è sparso il sangue di Massimo Capece, che quella donna ha ucciso. Moles è livido di pallore: le sue labbra si stirano, per uno spasimo: ha visto il più feroce viso della guerra, una donna, una spia, un’assassina. Ritornano. Sono salvi: ma non riportano nè il ferito, nè i morti. E camminano in silenzio, ma presto, i fanti, perchè sono salvi. Camillo Moles si trascina indietro, fiacco, estenuato. Giunti all’accampamento, si debbono dividere, ognuno al suo posto. Camillo Moles si curva verso il caporale Martinengo e gli dice:
— Avete comandato il fuoco contro una donna?
— Chiedo scusa, capitano — dice, contrito, fraintendendo, Martinengo. — Toccava a lei, il comando. È stato più forte di me.
Sale la scala di legno sgangerata, Camillo Moles, nello «stallazzo con alloggio» di Gasparin e ripete, a sè stesso:
— Una donna.... una donna....
Nella fredda e nera stanzetta, egli si accascia sovra una sedia, senza più forze. Alia, innanzi