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pistola di ordinanza: Luigi Fratta, l’ex prete, con un cattivo sorriso sulle labbra maculate, ha tirato fuori dalla sua branda, una bombetta a mano. Egli dovrebbe esser solo raccoglitore di feriti e di morti, ma, ogni tanto, l’istinto violento di colpire il nemico, lo sospinge: ed egli si sfoga, colpendo. Il capitano Camillo Moles ha trascorse sei o sette mesi nelle retrovie, nei servizi ausiliarii, ove, in bisogne mediocri e spesso umilianti, è nata quella noia morale che corrode la sua vita interiore: egli è, da tre mesi, in questa estrema avanguardia, dove vi sono state schermaglie, ricognizioni, piccoli incontri, a cui non ha partecipato... Ciò ha accresciuto la sua depressione. Ora, è, in lui, un’ansiosa aspettativa, un anelito profondo, perchè un incontro col nemico accada, ed egli scorga, infine, infine, il vero volto della guerra. Singolarmente, egli invoca il pericolo, ma non pensa a difendersi o ad aggredire: egli non si rammenta neppure di avere una rivoltella: egli è ansimante, ma incosciente, come un neofita, come, forse, uno dei suoi fanti, il più giovine, il più inesperto. Balza il suo cuore, ma le sue mani sono inerti. Di lontano, una parola di Martinengo:

— È qui, è qui, ci siamo!

Sono giunti a una larga radura, dove fra i sassi, fra i macigni, cresce un’erba smorta: intorno, si prolungano, in ogni direzione, gruppetti di piante, cespugli di alberelli, file di grandi alberi, mentre i blocchi di pietre si elevano, fra i tronchi annosi e i grami arbusti. I soldati, adesso, sono serrati in massa, facendo faccia a tutti i lati, donde possa sbucare il nemico. Moles e Sambucetti sono innanzi a tutti, con lo sguardo avido e acuto che vorrebbe penetrare le ombre boscose, le ingannevoli lontananze, con l’udito teso, con l’animo sospeso ai sensi, concentrando ogni facoltà, per scorgere, per distinguere, per sorprendere un indizio, una traccia. La radura è deserta: sono deserti e perduti nelle distanze, i sentieri, fra gli alberi e le roccie. E il silenzio è intenso, intatto.