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la vita aveva tracciato tutti i suoi solchi, nella corona completamente candida della sua ancor folta capigliatura, nello sguardo malinconico di cui, spesso, le palpebre si abbassavano, a moderare l’improvviso baleno; la sua alta ed eretta statura, la espressione calma e severa del suo antico volto, la fermezza della sua voce, le davano una imponenza, che tutti sentivano, innanzi a lei. Alla tenera domanda di Antonia Scalese, ella lasciò di far trillare i suoi lucidi ferri da maglia, levò i suoi occhi così espressivi, stette un istante pensosa, poi acconsentì, col capo, senza rispondere.

— Che strana cosa, donna Marta — osservò, ancora, Antonia Scalese — questa così grande differenza di età, fra il vostro Fausto e il vostro Giorgio....

— Strana.... non so — rispose, pacata, Marta Ardore. — Forse Dio volea concedermi il mio Giorgio, quando volle riprendersi il suo padre. Il mio piccolo aveva due anni, quando io perdetti mio marito....

— Fausto non ha ancora trent’anni? — chiese Carolina Leoni.

— Quasi trentuno — corresse, brevemente, Marta Ardore.

— Già così operoso,... così ammirato e amato, pel suo grande talento, pel suo leale carattere — mormorò Carmela Soria. — E Giorgio? Che anni ha? Diciotto?

— Diciassette, appena compiuti. Diciassette! — proruppe Marta Ardore, in una improvvisa agitazione.

— Un fanciullo — soggiunse, sorridendo, Carmela Soria.

— La mia creatura, il mio agnellino, il mio fiore — proruppe, novellamente, Marta Ardore: e la sua faccia si colorì e le sfavillarono i malinconici occhi.

— Un fiore, un fiore fresco e fragante — continuò, tenera, la madre di Loreta Leoni.

— Così leggiadro, così fine, un amore di figlio — proseguì la madre di Guido Soria.

— La gente ve lo benedice, Giorgio: Dio ve lo