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a me, non potevano nascondere il loro sgomento e io me ne accorgevo. Ero così piccola, così gracile, come sono anche adesso! E il bimbo era grande e grosso, era cresciuto troppo, come è adesso, il mio Guido, così alto, così forte, così bello, non è vero?
Poi, subito, Carmela Soria arrossì del suo trasporto materno, chinò gli occhi, timida, confusa: cercando riprendere il suo leggiero lavoro di ricamo. Ma le altre due madri, Marta Ardore, la padrona di casa, che lavorava di maglia vivacemente, e Antonia Scalese che orlava con dita delicate un lino bianco, acconsentirono con un sorrisetto di compiacenza, sulla forza e la beltà di Guido Soria: annuì, con cenni cortesi della testa, due volte, Carolina, la madre di Loreta Leoni.
Poi, presa da un pensiero, come se parlasse a se stessa, piano, Carmela mormorò,
— .... bello e forte, Guido; ma impulsivo, violento; chi può trattenerlo?
— Ah come Loreta, come Loreta! — esclamò Carolina Leoni, crollando il capo, improvvisamente turbata.
— .... buono in fondo, Guido mio.... violento, ma buono — corresse Carmela Soria.
— Anche Loreta — confermò la madre Carolina. — Mi disubbidisce, mi fa paura, talvolta, ma è buona.
— Tutti i nostri figli, sono buoni, per noi.... — mormorò Antonia Scalese, la più giovine fra le quattro madri, bruna, ancora bella, dagli occhi dolci, talvolta un po’ smarriti. — Pel mondo sono altra cosa; il mondo non li conosce e li misconosce. Noi sole, le madri, conosciamo tutto l’animo loro. Io leggo in quello del mio Gianni, come in un libro aperto. E voi pure, io lo so, donna Marta, col vostro Fausto, col vostro Giorgio?
Le tre donne levaron gli occhi dal loro lavoro e li fissarono, affettuosamente, sul viso di Marta Ardore. Era la più anziana tra loro quattro, poichè i suoi anni si leggevano sul bellissimo volto, ove