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di morte. Ti assicuro che si può vivere benissimo, in sua compagnia. — E nel sorriso giovanile di Cinisello, appare il suo sereno stoicismo.

Ecco, adesso, Fausto Ardore, il tribuno del popolo, il propagandista di guerra, parla ai fanti che nell’alta notte iemale, partiranno alla volta della maledetta plaga di Sainette, in una di quelle infernali trincee, a dare il cambio ai camerata della loro compagnia, che discendono, fieramente decimati. Quanto egli aveva pensato, per dir loro, gli è sfuggito dalla mente: e da non so quale voce interiore, che egli sente ma non distingue, sale alle sue labbra, trascorre nelle sue parole, il ricordo delle madri lontane di quei fanti; alta si erge, nella sua memoria filiale, la nobile figura di Marta Ardore. È lei che ha suggerito? Parla a quei soldati di quelle donne che li procrearono, che li nutrirono del proprio latte, che li cullarono nelle braccia, sani o infermi, che sopportarono stenti e privazioni, per crescerli robusti e buoni, che tutto dettero e tutto farebbero, pei loro figliuoli... Ed ecco che questi fanti, disattenti, distratti, annoiati, si fanno attentissimi; i loro volti opachi, quasi si colorano, quasi prendono una lucentezza viva; e i loro occhi brillano; e quasi par che si muovanp le labbra, a pronunziare quel nome, un sol nome, l’unico nome:

— .... mamma.... mamma.... mamma.

Per la prima volta, Fausto Ardore si trova in fraterna comunione di affetti, coi suoi ascoltanti. Adesso, egli vuole giovarsi di questa fusione di cuori; e invoca la devozione filiale di questi soldati, per la loro seconda madre, la patria, che domanda ai suoi valorosi figliuoli di essere difesa ed esaltata; e per essa, per l’onore di costei, per la sua grandezza, tutto debbono offrire, i figliuoli... Ecco, un velo grigio di pensiero, pare sia venuto a spegnere il vivo lume degli scintillanti occhi dei soldati; è scomparso l’infantile sorriso; il volto è di pietra. Di nuovo essi sono straniati, assenti, lontani da colui che parla.