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scienza umana, nasce il contrasto fra l’istinto della conservazione e il sentimento dell’abnegazione. Ogni più umile soldato ha, in sè, questa vita interiore: vivere, sacrificarsi, morire.

Ascolta, a testa bassa, l’apostolo della guerra; e intensa è la sua dolorosa confusione.

— Ha lei mai pensato a questo, parlando ai soldati? È lei penetrato in quelle rudi, ma schiette coscienze? Ha scorto in loro il desiderio della vita, il terrore della morte e, infine, il senso del sacrificio? No, è vero? Ecco l’ostacolo fra la sua anima e quella del fante, tenente.

— È giusto. Lo riconosco. Sono stato io, un incosciente.

— E si rammenti, tenente, l’idea semplice: in guerra, si muore. È il giuoco tragico e sublime della morte. Se lo ricordi! Torni ai fanti: si accosti più al loro cuore, che alla loro mente; viva con loro, sia loro amico e loro fratello....

— È difficilissimo, Eccellenza, vincere e trasformare il mio spirito!

— Migliaia di miei ufficiali l’han fatto; e sono amici e sono fratelli dei loro soldati. Si vinca.

— Tenterò, tenterò!

— Ne vale la pena — soggiunge, accigliato, il Capo. Sono soldati, costoro, gente di popolo e, forse, plebe; ma portano in sè, misteriosa, una forza innumerevole. Nulla capiscono, nulla sanno; ma, domani, si batteranno con impeto, con furore, contro un nemico che non conoscono, per una causa che ignorano; e cadranno, per questa causa, che è fuori di loro, ma che li sospinge, li trascina e li travolge. Tenente Ardore, questi fanti valgono più di me, più di lei, più di noi tutti!

— È vero, Eccellenza — consente, raumiliato, l’apostolo della guerra.

— Questa nostra Italia adorata.... Essi sono il segreto della sua vita o della sua morte — e la voce del Capo, si fa profonda e solenne.

— Lo so — replica, contrito, raumiliato, il tenente Fausto Ardore.