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BARCHETTA-FANTASMA 89

mostruosa vegetazione, e le svelte fanciulle brune che discendono sotto gli archi dei tamarindi.

Nelle meste e bianche notti autunnali, quando la luna malaticcia si unisce alla candida malinconia del cielo, al languido pallore delle stelle, alla nebulosità ideale delle colline, quando tutto il mondo diventa fioccoso di spuma, vi è chi presceglie il mare per confidente e va a narrargli il disfacimento della sua vita che inclina a perdersi nel nulla, mentre la morbida curva di Posillipo pare che si abbassi anche essa desiderosa di scomparire nel mare. Nelle notti tempestose d’inverno, quando il temporale della città ha tutta la grettezza e la miseria delle stradicciuole strette e delle grondaie piagnolose, quando l’anima sente il bisogno imperioso di una mano che l’afferri, che delizioso ed infinito terrore, che impressione incancellabile trovarsi in alto mare, in un ambiente nero, dove il pericolo è tanto più grande in quanto è indistinto. Ma più felice di tutti colui che


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