in un temporale d’inverno allagò la Villa del Popolo, giardino infelice, dove crescono male fiori pallidi e alberetti rachitici.
Qualche cosa di solenne, di maestoso vi spira. Il mare del Carmine era l’antico porto di Parthenope dove approdavano le galee fenicie, greche e romane, ma era porto mal sicuro; esso ha visto avvenimenti sanguinosi e feste popolari. È un mare storico, poetico e cupo. Sulla piazza che quasi esso lambiva, dieci, venti volte sono state decise le sorti del popolo napoletano. Le onde sue melanconiche hanno dovuto mormorare per molto tempo: Corradino, Corradino. Le onde sue tempestose hanno dovuto ruggire per molto tempo: Masaniello, Masaniello. È il mare grandioso e triste degli antichi che sgomenta le coscienze piccine dei moderni. La sola voce del flutto rompe il silenzio che vi regna e qualche coraggioso, solitario e meditabondo spirito, vi passeggia, curvando il capo sotto il peso dei ricordi, fissando l’occhio sulla vita di quelli che furono.