stro nonno e si piegava tutta in mille rughe; il collo in cui i tendini erano salienti, rassomigliava alla zampa secca di una gallina morta. Egli era vestito sempre di nero, con certi pantaloni lucidi dal grande uso, troppo corti sul piede, lasciando scoperti gli scarponi di cuoio grosso e le calze bucate; aveva un lungo soprabito, le cui falde svolazzavano, che gli si adattava male alla vita, alle spalle, al collo, di cui il primo bottone era sempre ficcato nel secondo occhiello e così di seguito. Portava al collo come cravatta un fazzoletto bianco; in testa un cappellaccio, rosso dalla vergogna, tutto ammaccature e sassate; in mano un bastone nodoso, dal pomo grosso come quello di un capo-tamburro. Questo uomo non si sapeva da nessuno chi fosse, donde venisse, dove andasse; ma tutti lo conoscevano poichè il giorno e la notte girava per le strade di Napoli, figura allampanata e fantastica che al lume dei lampioni assumeva proporzioni inverosimili ed alla luce del sole pareva uno spettro che avesse smarrita la via del cimitero.