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il cristo morto 177

dei nemici. Tombe dappertutto. Pompose iscrizioni latine in cui il sentimento ed il carattere s’affogano nella monotona convenzionalità dell’elogio. Solo le cifre hanno un malinconico significato: la vita non è lunga nella nobile casa. Vi muoiono presto le fanciulle, vi muoiono presto i giovanetti. Ogni tomba ha la statua grande di colui che vi è sepolto, o almeno un medaglione su cui si disegnano e si rilevano certi profili soavi, certe linee serenamente altiere, certi ondeggiamenti marmorei di chiome disciolte. Nella famiglia è tradizionale una pura bellezza, più d’espressione che di plastica. Ogni tomba ha la sua statua, ogni tomba ha il suo medaglione.

— Volete vedere il Cristo morto? insiste il custode.

— Finiamo di veder la cappella — ripeto io, singolarmente infastidita e colpita da quella insistenza.

Fra una tomba e l’altra, statue e gruppi allegorici, sempre in quell’interno e freddo marmo. Ecco il Pudore col volto coperto


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