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in cui ella camminava, graziosa salamandra, senza scottarsi: i sospiri di coloro che l’amavano, formavano attorno a lei una nuvola in cui le piaceva di respirare. Il mare batteva dolcemente sulle sponde di Megaride e non osava tumultuare; il sole la carezzava senza violenza e le aure leggiere ne facevano ondeggiare i fiori; nella placida luce lunare, l’isola sembrava tutta bianca, morbida e nevosa, in una infinita dolcezza d’aria e di tinte. E Servilia distesa sul lettuccio, vestita di stoffa tessuta d’oro, lasciandosi sventolare dalle schiave, fremendo di piacere alla brezza marina, guardando distrattamente la ridda delle danzatrici, mormora fra sè, sono io, sono io la sirena! E l’aria mormora anch’essa, dopo aver scherzato con le chiome olezzanti: è lei, è lei la sirena. Servilia quando solleva un cespo di fiori è bella come Flora; Servilia, quando sceglie in un cestello la pesca matura, è bella quanto Pomona; Servilia quando porta sui capelli la brillante mezzaluna e al fianco la