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di sangue e che quello sciagurato stregone di Cicho si occupasse, nella notte, a tagliare coi sottili coltelli, sopra una grande tavola di marmo bianco, non so che di delicato. Membra di bambini, o gambe di rana, o pelli di serpentelli — ripeteva la gente. E quando camminava nella via, le comari ammiccavano e si davano delle gomitate nei fianchi, dicendo:

— Cicho il mago, Cicho il mago!

— Cerca il modo di ridiventare giovane, il secchione!

— Vuol trovar l’oro, forse.

— O quella pietra per cui s’ha virtù, saggezza e lunga vita.

— Che!! Chiama il diavolo per diventare Gran Turco.

Cicho ascoltava e tirava via sorridendo. In fondo le comari, avendone paura, non osavano maledirlo che sottovoce; a ammonivano i bimbi ad usargli rispetto lo stregone, malgrado le voci temerarie, aveva rispetto di galantuomo e quella tale aria di soddisfatto raccoglimento di chi medita una