fiamma che li devastava da cima a fondo, facendo il vuoto in essi, senza che le lacrime alla tenerezza valessero a smorzarne l’incendio. Nè l’uno diceva all’altro il segreto di queste veglie ardenti e desolate; ma ognuno lo indovinava questo segreto, sul volto dell’altro, senza parlare, anzi temendo di parlare. Ancora camminavano accanto, nella vita, tenendosi per mano: ma a un motto, a un gesto, tremavano di veder sparire l’amata figura daccanto. La solitudine, la solitudine a cui nessun segreto resiste, la solitudine che risolve a rilento o bruscamente tutti i grandi problemi morali dello spirito, era quella che li sgomentava. Avevano deserta la casa, ora. Un giorno, sul finire di ottobre, non sapendo dove portare il loro bizzarro tormento, s’imbarcarono sul vaporetto che porta all’isola del Lido, un’isola tutta verde, piena di piccole ville, che da una sponda dà sulla laguna, sul mare immobile, dormiente, dall’altra sponda sullo squillante, fragoroso, tempestoso Adriatico. È su quella sponda che si erge il bello stabilimento di bagni marini, dove