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64 | La grande fiamma |
e ricci, a ondate fulve, di uomini piccoli e tarchiati dai mustacchi folti, ispidi e rossastri, mentre l’allegro e lezioso dialetto forma un brusìo, dovunque. Anzi, dinnanzi a una casa, vi erano certi suonatori di chitarra, seduti per terra, mentre una donna in piedi, sotto l’arco del portone, cantava una bizzarra melopea, gutturale, quasi orientale, chiamata la strega, che un coro di donne e di bambini riprendeva, a ogni ritornello, con voce sorda e grave.
— Qui sono allegri, almeno — disse donna Grazia, un po’ rinfrancata, sollevandosi sui cuscini. — Restiamo qui, un poco.
Sotto l’arco di un ponticello, accanto al traghetto, la gondola si fermò. I due amanti tacevano, mentre il gondoliere si riposava. La canzone della strega continuava, grave, come una canzone di Costantinopoli o di Algeri: ma i suonatori e i cantanti sogguardavano spesso i due signori della barca, intimiditi, mentre la musica, a poco a poco andava diventando più debole, più bassa, come scoraggiata dalla