cido, ne sollevò con le spalle tutta la parte superiore, simigliante alla gobba nera di un dromedario, al coverchio di una lunga bara di ebano dalle intarsiature artistiche e dalle finestrine microscopiche: sempre portandola sulle spalle, la depose innanzi al portone, raccomandando al servo questo negro felze. La gondola ora aveva la sua aria di barca da passeggiata, con l’elegante rostro lucido a prora, i due posti di divano, a poppa, foderati di panno nero, adorni di cordoni e di fiocchi di lana nera, sgabelli neri su cui appoggiare i piedi.
Grazia e Ferrante vi si sedettero, senza dire nulla: e il gondoliere cominciò a remare verso il Rialto, senza aver loro chiesto nulla. Quel giorno lo scirocco era più pesante del solito e dava pena al respiro.
Delle zàttere cariche di carbone andavano per il Canal Grande, con un moto così lento che pareva quasi indistinto; l’uomo della zàttera puntava sul fondo del canale con una lunga pertica e, facendo forza, e camminando sulla zàttera in senso inverso della corrente, la faceva avanzare. Era