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La grande fiamma 47


dietro i cristalli: volle fare un moto per levarsi, per tirare le altre due tendine.

— No, no — lo supplicò lei, stringendosi ancora, socchiudendo gli occhi.

Restarono così: il lumicino ad olio del vagone tremava, pareva dovesse spegnersi ogni momento. Bizzarre ombre danzavano. sui divani: tenendola stretta a sè, bimba spaurita, Ferrante sentiva che Grazia affannava un poco. L’aria si era raffreddata. Una angoscia li opprimeva, entrambi, angoscia ignota, angoscia di chi ha intravvisto il negro problema dell’infinito. Due o tre volte egli volle muovere una mano per carezzarle i bruni capelli: ma ella temendo che Ferrante la lasciasse, rabbrividì di paura. Due o tre volte egli disse, sottovoce, come un soffio amoroso:

— Grazia! Grazia!

Ma ella fremeva, fremeva, e gli diceva:

— Taci, taci, taci.

Tanto che il lungo, sonoro fischio, triplicato fischio della vaporiera, le fece gittare un grido di spavento.

— È il fischio di allarme, nevvero — domandò, piena di ambascia, quasi che