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La grande fiamma 43


ripetendone due o tre volte le sillabe incantatrici: ma forse non la voce di Ferrante, era l’anima che parlava e l’anima di Grazia stava a sentire. Due o tre volte, a un lembo di paesaggio illuminato di sole, a un piccolo paese sospeso lungo i fianchi di una collina, innanzi a una grande pianura maestosa, i due volti si accostavano, dietro allo stesso cristallo, per vedere come era bello il mondo esteriore, non quanto quello che portavano nel cuore. Tacevano. Sentivano che era quella l’ora invocata tante volte, nelle insonnie della notte, nelle vuote mattinate, nelle sere affannose; sentivano che era quella la realtà del loro infinito desiderio, l’amore nella solitudine suprema; e sembrava loro che qualunque parola dovesse turbare questo sacro raccoglimento, questa concentrazione di felicità. Niuno sapeva più nulla di loro: essi non sapevano più nulla, di niente: e poteano dire che il mondo era scomparso, o era stato assorbito nella incommensurabile dolcezza del loro amore. Solo quando il sole cominciò a discendere sulla poetica campa-