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34 | La grande fiamma |
agitava, e fu il guardiano della sala che l’avvertì della partenza — tanto in lei si era fatta la convinzione che era inutile più partire, che Ferrante non l’amava più, che tutto era finito. Tutta la notte del viaggio, lunga, lenta, con le sue numerose, monotone fermate, ella la passò in una veglia dolorosa alternata da qualche torpore doloroso, tutta sola nel suo compartimento, tremando di freddo malgrado le coperte e le pelliccie. L’alba si levò sulla severa campagna romana; donna Grazia dormiva, ora, pallida pallida, e solo i tre lunghi, striduli fischi del treno che entrava in Roma la riscossero. Le parve di uscire da un sogno triste: il sole illuminava le prime case di Roma, e la nebbia romana, e il fumo del treno, una felicità di calore e di luce l’avvolse, scendendo dal vagone, poggiando la sua mano sottile guantata sempre di nero in quella tremante di Ferrante. Si guardarono, così, lungamente, fra la folla, tenendosi per mano, camminando quasi portati.
— Sei venuta, poi.... — mormorò lui,