Pagina:Serao - Le amanti.djvu/372

362 Sogno di una notte d'estate


aveva fatta, non trovava parole per consolarla, come il malvagio monaco medievale del poeta, che evocato il demone, non aveva poi più il motto magico per rimandarlo all’inferno. La lasciava farneticare, impaurito e dolente, pentito e amareggiato, sentendo tutta la verità di quel dolore, sentendo ancora una volta la fatalità dell’amore aggravarsi nella sua vita. Poi, non reggendoci più, si levò, le andò vicino, le prese le mani, la chiamò per nome e allora un novello fiotto di tenerezza invase l’anima dell’infelice; ella si mise a domandargli, con una desolazione, con uno strazio di far pietà:

— Oh Massimo, Massimo mio.... perchè mi lasci, perchè te ne vai?... come posso stare, senza di te, come posso restare sola, se ti voglio bene.... Massimo, Massimo, non andartene, non essere senza cuore....

— Luisa, ti prego, non piangere, non dirmi queste cose....

E le tenne le mani, la guardò negli occhi, ipnotizzandola, tenendola sotto la sua volontà.

— Massimo.... Massimo.... — ripeteva