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Sogno di una notte d'estate 349


ogni tanto, nella mite e intima delizia di quella solitudine, di quella vicinanza, ella sentiva tremare, talvolta, nella sua, la mano di Massimo; e talvolta, sentiva il respiro di lui affannarsi. Allora levava le palpebre a guardarlo: lo trovava intento a fissare il suo volto, intensamente, con tale un ardore concentrato di visione e di attenzione, che non aveva ella mai scorto. Il tempo passava, sulle loro teste vicine, sulle mani dalle dita intrecciate, immobilizzati in quell’atteggiamento. E ad essa sembrava d’immergersi in un sogno lungo, senza fine, che ricominciava sempre dal principio, dove passavano sulle sue mani dei baci leggieri come un soffio, dove carezzava i suoi capelli una mano molle e lenta, dove un acuto profumo di fiori che si appassivano, le saliva al cervello, dove una voce ripeteva il suo nome, sempre, con la profondità dell’amore: un sogno tutto chiaro di luce lunare, in un divino paesaggio, un sogno ammorbidito dalla rugiada, dai fremiti della campagna, dal palpitare del mare sotto la luna. Invero, Massimo, reggendo la bella persona, te-