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Sogno di una notte d'estate | 317 |
— È vero, non me l’avete mai fatta — rispose Luisa, senza sorridere, abbassando gli occhi.
— O dunque? Andiamo, prendete un cappello e una mantellina, fate una collezione di risate, e venite con me. Sarà un’opera di misericordia spirituale: sono così infelice!
— Sì? Tanto? — interrogò lei, ansiosa.
— Infelicissimo — confermò lui, fra il tragico e il burlesco.
— Per amore, eh? — chiese ella, arrossendo della domanda.
— Nossignora, ragazza curiosa. Naturalmente, nessuna donna mi ama e io, naturalmente, non ne amo nessuna. Andate a vestirvi e fuggiamo....
Ella voltò le spalle, ubbidendo. Massimo restò appoggiato allo stipite della porta aperta, col cappello in mano, rigirando il suo bastoncino di ebano fra le dita, tranquillo adesso, abbandonandosi al minuto che passava, senza pensare ad altro. Dopo un poco, brevi passi discreti si riudirono e Luisa apparve, infilando i morbidi guanti