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312 | Sogno di una notte d'estate |
non li divideva che lo spazio di una stanza; le due case erano vicine.
— Vi basta? — chiese Luisa ridendo ancora.
— Mai abbastanza. Sono un uomo morto, Luisa. Ma quando sarò da quattro giorni nella tomba come Lazzaro, veniteci voi e ridete; io risusciterò, ve lo prometto.
— Ci vedremo allora, non mancherò — diss’ella ridendo.
Poi tacque improvvisamente. Massimo, per ringraziarla, si mise a cogliere dei gelsomini bianchi, odorosissimi, li raccolse in pugno, tentò due volte di buttarglieli sul balcone: ma erano così leggieri che caddero in istrada, candidi, roteanti.
— Peccato, peccato! — gridò lei, che aveva indovinato il grazioso pensiero.
E restò a guardare, giù, come se potesse ancora scorgere quella pioggerella di gelsomini odorosi. A un tratto, ella diede un piccolo grido:
— Che è?
— Ne ho trovato uno, per terra. Grazie! Sul balcone di Luisa un’ala di venta-