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286 | L'amante sciocca |
egli concluse, un po’ sul serio, un po’ ironicamente.
Ella sentì l’ironia e non sentì la serietà del consiglio. Una gran voglia di rassomigliare a qualcuna di quelle donne, di essere meno monotona, meno semplice, meno limpida, adesso le sconvolgeva l’anima. I suoi vestiti, dapprima graziosi e carini, ma di una grande povertà d’invenzione, cominciarono a diventare più ricercati: ella ebbe una vestaglia di lana bianca, con merletti pioventi e un grosso cordone di seta bianca che la serrava: ella portò delle camicette insaldate, da uomo, con una cravatta maschile: ella tentò di tagliarsi i capelli, ma il parrucchiere la consigliò di non farlo. Queste nuove fogge, però, la mettevano in imbarazzo e la rendevano goffa. Alle pareti quasi nude delle sue due camerette ella attaccò dei vecchi ventagli giapponesi, dei pezzetti di stoffa antica racimolati fra le cianfrusaglie del quartierino di Paolo Spada e vi sospese dei quadretti che erano stati donati a lui, e che egli aveva dichiarati orribili; e questo scemo tentativo di