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138 Tramontando il sole


esistenza di Giovanni Serra era stata infranta da quella passione infelice, tanto che egli non aveva raggiunto, come il suo cuore e il suo talento meritavano, nè la gloria, nè la felicità: non era men vero che egli era un essere senza molla interna che lo spingesse, senza desiderii e senza speranze: non era men vero che, per questo amore, egli aveva gittato la sua salute, la sua gioventù e la sua fortuna: non era men vero che egli possedeva la più preziosa qualità umana, che è l’onestà, e la sublime virtù che è la bontà. Come non doveva Clara piangere, nella solitudine della sua stanza, tutte le più ardenti e le più amare lacrime su questo amore perduto e su questo cuore infranto? Come non doveva sentire in sè, temperamento mobile e violento, assetato di amore, assetato di felicità, la ribellione contro l’irreparabile?

Invero, si trovava di fronte all’irreparabile: ed era quello che le faceva torcere le braccia, nella notte, quando per tutta una serata ella aveva udito il mormorio dell’amore, al suo orecchio, ma di