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di checchina | 63 |
nivano di rado, una, ogni tre o quattro giorni: per lo più egli apriva un libro di medicina e vi si addormentava sopra, sul seggiolone di pelle nera, coi piedi sotto la scrivania. Checchina era restata a tavola, pensando, rompendo le cortecce vuote delle caldarroste in minuti pezzetti, mentre Susanna sparecchiava. Nella stanza ondeggiava l’odore della cicoria bollita e quello della trippa in umido.
— Per la cena basterà l’arrosto di abbacchio e la insalata di patate? — domandò Susanna, tirando a sè la tovaglia e scotendola per farne cadere le molliche di pane.
— Basterà — le rispose Checchina, restando ancora al suo posto,