Pagina:Serao - La mano tagliata, Firenze, Salani, 1912.djvu/429


la mano tagliata. 423

mata, mi impediva di entrare, io passavo la notte nel mio studio, tenendo sotto i miei occhi quella mano tagliata e guardandola come se fosse la reliquia più cara, l’origine della mia forza e della mia vita.

«Dal giorno malaugurato, in cui io smarrii in un vagone di prima classe la mano tagliata sulla linea di Napoli e di Roma, io sentii che eravamo perduti, e che Maria, Alimena ed io saremmo periti per quella mano perduta.

«Ma fra me e la donna a cui avevo tolto tutto, il marito, la figlia, le ricchezze, la vita sociale, l’amante, ed in ultimo di cui io aveva per sempre sfregiata la beltà, si stabilirono delle relazioni così bizzarre, così singolari e così tormentatrici, per me e per lei, che io non so come noi abbiamo potuto resistere quindici anni senza morire. Io la tenevo prigioniera, è vero; ma ella era una prigioniera così orgogliosa, così fiera, che sprezzava e dominava il suo carceriere; ella sapeva tutto e mi rinfacciava tutto. Ella mi aveva visto uccidere Jean Straube e, sempre che lo poteva, mi gettava sul viso la parola di assassino: era in mio potere e spesso la collera mi accecava, ma quando arrivavo fino a lei per vincerla con lo sgomento o con la violenza, essa possedeva in sè tale forza di disprezzo, ed esercitava su me tale fascino, che io mi arretravo scoraggiato ed avvilito. Mille volte avrei potuto possedere quella donna, che era il desiderio bruciante del mio sangue, ma una folle speranza mi teneva di indurla ad amarmi con l’amore ostinato, con la solitudine, con l’abbaglio del potere e della ricchezza, con la promessa di farle rivedere la sua figliuola.

«Io ho sperato che il tempo, che la mia servitù amorosa, che l’aver io commesso quanto un uomo può commettere di male o di bene per avere una donna, spietrassero quel cuore senza tene-