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vente, come a Mosè Cabib. Ma morta, morente, viva, io non gli avrei più lasciata Maria, mai; ed egli comprese che avrei preferito denunziare me e lui, anzi che lasciargli quel corpo esanime. Le minacce mie lo turbarono assai, ma molto più lo convinse la promessa che io gli avrei restituito Maria, se ella fosse sopravvissuta a quella crisi terribile: glielo promisi sulla testa di Jehovah e sentii in quel momento di essere uno spergiuro e un sacrilego. Ma che non avrei fatto, pur di non lasciarmi rapire quel caro, quel prezioso deposito?

«Fu nella quinta notte che, a traverso la neve che fioccava, io potei compire il mio bizzarro e appassionato disegno. Due carrozze aspettavano alla porta di casa Cabib, a notte alta; in una entrò Mosè Cabib tenendo nelle braccia la povera Rachele addormentata e ancora singhiozzante nel sonno; vi entrò dopo aver mille volte baciata e abbracciata la fredda faccia di sua moglie. Ella non era ancora morta, ma la vita languiva tanto, in lei, che pareva un sogno.

«Io pensai che sarebbe morta in viaggio, attraversando quella gelida vastità della campagna russa; ma portai via quel corpo stretto nelle mie braccia, come avrei portato le Tavole della Legge, di Mosè profeta.

«Io gli aveva giurato sul nome stesso di Dio di avvertirlo, dovunque mi trovassi, della sorte riserbata alla povera donna, che noi avevamo messo in fin di vita.

«Ma nell’animo mio ero bene deciso a non dirgli mai più nulla intorno a Maria. Per avere quel corpo, avevo sciupato una fortuna, avevo commesso un delitto, e avevo compromesso la mia libertà e la mia vita; anche se ella fosse morta, non l’avrei lasciata giammai. Come vi ho detto, Mosè Cabib era partito in carrozza alla volta della frontiera austriaca, mentre io mi dirigeva con quel carico ver-