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414 la mano tagliata.

gestione. I miei occhi, le mie mani che stringevano le sue tempia, tenevano concentrata la mia vita in una forma centuplicata; e quando Maria Cabib fu perfettamente addormentata, io caddi estenuato sopra una sedia e giacqui come morto.

«Ma l’orrore di quello che avevo fatto non mi fu palese, che più tardi, quando vidi che Maria era caduta in uno stato di assoluta catalessi.

«Ella rimase tutta la notte immersa nel sonno ipnotico, e nessuna mia parola, nessun mio sforzo arrivarono a trarla da quel torpore che somigliava tal quale al sonno della morte.

«Il marito si era dato alla disperazione, perchè credeva che gli avessi uccisa sua moglie, e tutte le mie parole non giungevano a rassicurarlo; conoscevo molti mezzi sanitari per ridestare gli ipnotizzati, ma nella mattinata seguente io li adoperai tutti, senza nessun risultato. Il terribile fu quando la piccola Rachele venne ad abbracciare sua madre, come al solito, e, non avendola potuta risvegliare coi suoi baci, si mise a gridare che sua madre era morta e che io l’aveva uccisa.

«Per tre giorni e tre notti, io tentai invano di restituire alla vita normale quel corpo vinto da un sonno di piombo, e non riuscii che a constatare tutta l’insufficienza della mia volontà! Mosè Cabib non faceva che disperarsi e piangere, la bimba urlava a traverso la casa, ed io mi vidi spinto alla disperazione.

«Io era certo di non trovar mezzo per farla rinvenire. E se fosse rimasta così fino alla fine dei suoi giorni? Di catalessi si può vivere lungamente, ma era proprio una catalessi quella? Per tre giorni, la vita continuò ad essere anormale, sotto quel sonno ipnotico, ma al quarto giorno mi parve che Maria avesse il viso consunto e più pallido, e che il polso si venisse affievolendo. Mi è impossibile descrivervi il mio spasimo.