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la mano tagliata. | 389 |
quello che gli aveva scritto il conte Roberto Alimena, gli turbinava nell’animo e non arrivava a sedare il tumulto del suo spirito. Flemmaticamente, dopo avergliene chiesto permesso, Dick Leslie aveva acceso la sua pipetta inglese e ne cacciava larghi nugoli di fumo. Ranieri Lambertini, come per sottrarsi alla ossessione di quelle due altre lettere, si era alzato ed aveva fatto tre o quattro volte il giro della camera, come un leone. Poi, ritornando presso il detective, di nuovo gli aveva dimandato:
— Credete che Roberto Alimena si uccida?
— Lo credo quasi certamente, — disse l’agente di polizia, sospendendo di fumare e fissando i suoi occhi azzurri e limpidi nel volto di Lambertini.
— E perchè lo avete lasciato?
— Ora, non lo farà.
— E dopo? Dopo?
— Sarà quel che Dio vorrà, — mormorò il detective, mordendo la cannuccia della sua pipa.
— Voi ritornerete, subito, in Inghilterra?
— Subito: come voi mi darete una risposta.
— Andrete a Cowes?
— Naturalmente.
— Ci rimarrete?
— Non posso, — disse Dick Leslie.
— Perchè? Vorreste abbandonare Roberto, così?
— Abbandonarlo? Mio signore, io l’ho servito, ma non gli sono nè amico nè fratello.
— Mi parla di voi come un salvatore.
— È molto buono.... gl’italiani sono molto entusiasti .... egli mi ha pagato.... — borbottò Leslie, che voleva nascondere una certa commozione.
— Dice che i vostri servigi non avean prezzo. E volete lasciarlo?
— Io debbo guadagnare la mia vita, signore, e non posso custodire qualcuno che, forse, non vorrà saperne di me.