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32 la mano tagliata.

lor carne, color naturale, del bianco avorio con una velatura di sangue dietro la pelle liscia, senza una ruga. Mano di tinta viva, di persona che era giovane, bella e sana: nulla di esangue, di cereo, di oscuro, in quella mano. Le vene si scorgevano appena; ma guardando bene, dall’indice e dall’anulare, si vedevano partire, in una tinta azzurro-violetta, le due vene più importanti della mano: e parevano quasi gonfie di vita.

La mano era fulgidamente ingemmata: dal mignolo all’indice, le quattro dita erano cariche di anelli. Il mignolo aveva, specialmente, una grossa perla nera circondata da otto brillanti; l’anulare una opale smagliante, che rifletteva tutti i colori dell’iride; il medio un grosso smeraldo, quadrato, stupendo; e l’indice un rubino color del sangue; mentre, ancora, tutte le quattro dita portavano cerchi e stelle di brillanti, stretti l’uno contro l’altro, con una ricchezza d’idolo indiano. In tutto, gli anelli erano tredici: tre al mignolo quattro all’anulare; tre al medio; tre all’indice. Pure, così carica di gemme, la mano tagliata restava leggiera come qualche cosa di alato, come pronta a involarsi.

Al polso non vi era che un solo braccialetto, una fascia d’oro, con zaffiro stellato. Poi, il braccio continuava nudo, rotondo, puro, con la stessa tinta di carnagione viva, con le vene che salivano dall’avambraccio, con una grazia di riposo, sul velluto. Poi, il braccio finiva, troncato netto.

Dove era la troncatura, perfetta, per nascondere i muscoli e la carne tagliata, era stato applicato un tondo di pelle, dello stesso colore vivido del braccio e della mano: così quel tronco finiva come completato, come se mai fosse stato distaccato da un corpo umano, come se quella mano e quel braccio esistessero da sè.

La mano era la sinistra. Guardandola bene, es-