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la mano tagliata. 357


«Tutto ad un tratto, dopo molte di queste dolorose riflessioni, noi udimmo di nuovo il rumore di una carrozza, che ritornava verso Charing Cross, ed io sospettando che Marcus Henner avesse perduto il treno, o che avesse avuto qualche sospetto di ciò che si tramava contro lui, ebbi appena il tempo di gettarmi nell’ombra di un vicoletto cieco, perchè l’orribile gobbo non mi vedesse. Lo stesso Dick Leslie si fece da parte. Difatti, la carrozza si fermò dinanzi al portone di Marcus Henner, ma dal cab discese solamente Lewis il maggiordomo, che aveva accompagnato il suo padrone alla stazione. Comprendemmo perfettamente che Henner era partito e ambedue ci avanzammo verso lui, di comune accordo, per richiamarlo alla sua promessa fattaci per mezzo di John. Ma, da un largo cenno che egli ci fece, comprendemmo di doverci di nuovo allontanare poichè egli temeva del cocchiere. Difatti, Lewis aprì il portone con una sua chiave, e la carrozza si perdette sotto la vòlta, mentre i due battenti pesanti si richiudevano. Noi restammo lì, come due statue, guardandoci nel volto, senza nulla dire, ma dopo una mezz’ora la porta si riaperse un poco, e il Lewis insieme con John riapparve sotto il portone.

«— Avete voi il denaro? — disse il maggiordomo a Dick Leslie.

«— Sì, — rispose costui, mentre io tacevo.

«— Ebbene, datelo.

«— Non ve lo do, — rispose Dick recisamente.

«— E perchè?

«— Portatemi prima la donna, e vi pagherò.

«— E se non vuole venire?

«— Verrà, verrà, — disse Dick Leslie guardandomi di sottecchi.

«La porta si richiuse. Io non avevo più forza di dire una parola. Ritenevo la durezza del detective molto pericolosa pei nostri affari, perchè temevo