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342 la mano tagliata.


Non poteva egli avere estorto il biglietto al povero Roberto?

— Non posso dirvi nulla, signore, — disse Dick Leslie, inchinandosi freddamente.

— Andiamo, allora, — mormorò Ranieri che si decise a un tratto.

Se costui era un assassino mandato da Marcus Henner, egli avrebbe venduto caramente la sua vita. Non voleva morire, ancora. La malattia di Rachele Cabib, in monastero, attraversava adesso un periodo di miglioramento, mentre era stata violentissima, e la convalescenza si annunziava vicina, tanta era stata la forza della gioventù di Rachele, contro la febbre cerebrale. Intanto, non si parlava, per ora, di monacazione: e Ranieri Lambertini viveva così, con una tenue ma costante speranza. Non voleva morire: ed entrando nella sua stanza, ne lasciò la porta socchiusa.

— Piacciavi chiudere, ve ne prego, signore, — replicò Dick che pareva quasi facesse apposta a insospettire il conte.

— Ecco, — disse costui, serrando la porta con la chiave e mettendosi la chiave in tasca.

— Benissimo, signor conte. Veggo che non mi credete più un malfattore. Eppure, vi avevo portato una lettera del vostro amico! — soggiunse, con un lieve sorriso ironico, il detective.

— La prudenza non è mai troppa, — mormorò tra i denti Ranieri.

— È vero. Mi permettete di parlare?

— Ve lo chiedo, anzi.

— Sapete che il signor conte Roberto Alimena era venuto a Londra con una segreta intenzione?

— Lo so: Alimena è il mio migliore amico.

— Egli voleva ritrovare la donna dalla mano tagliata, quella bella mano capitatagli così misteriosamente in possesso.

— Lo so.