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suora Grazia, perchè le dicesse se la sua relazione era vera, e se per caso non la tentasse il desiderio del mondo e dell’amore.

La madre superiora era persino giunta a dire alla novizia, che forse il suo giudizio delle cose umane era sbagliato, che le persone da lei supposte perfide non erano tali, e che bisognava pensarci bene, prima di voler dare a Dio un cuore ancora vincolato da un affetto terreno.

Rachele Cabib aveva risposto che ella era decisa a pronunziare i voti solenni; ella non imponeva nessuna violenza morale alla sua volontà, monacandosi; ella non pensava più, nè al mondo, nè alle sue gioie fallaci; perfida o buona che fosse la gente, tutto ciò che era accaduto, era irrimediabile, e non era più il caso di discutere la sua vocazione.

Questa risposta, riportata dalla badessa al suo confessore, era stata trasmessa fedelmente a Roma, e fedelmente il vicario la comunicava a Ranieri Lambertini, per fargli comprendere che non vi era più nessuna speranza.

La cattiva riuscita di questo piano, deciso con audacia ed eseguito con energia, atterrò Ranieri Lambertini. La ostinazione implacabile di Rachele Cabib, che persino di fronte alle domande della madre superiora insisteva a voler pronunziare i voti assoluti, gli dimostrava che la ferita, di cui era stato colpito il cuore della fanciulla, di fronte al presunto suo tradimento, e al suo presunto abbandono, era molto più profonda e più inguaribile di quella che a lui aveva dato la mano di un assassino. Rachele Cabib apparteneva a quelle creature tutte di un pezzo, che ignorano l’avvenimento delle transazioni e preferiscono spezzarsi, anzichè piegarsi. Infine, le era stata fatta l’offerta suprema: la vita, l’amore, la felicità; ed ella aveva rifiutato. Che cosa avrebbe potuto deciderla? Nulla oramai più.