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trata in monastero, e perchè voleva pronunziarvi i voti solenni. Egli narrò come la notizia della sua ferita mortale e del suo presunto tradimento aveva deciso la povera giovane tradita a fuggire per sempre il mondo, a darsi a Dio; ma, poichè egli non aveva tradito, poichè egli amava sempre la fanciulla cristiana, poichè egli era certo che ella lo amava ancora, quella vocazione non era basata sul vero, e egli domandava che la novizia potesse uscire dal monastero. Era un caso di coscienza, dunque, e, nel narrarlo, egli trovò delle parole così efficaci e delle lagrime così ardenti, che quel prelato si commosse e promise di parlarne il giorno stesso al vicario. Ranieri Lambertini gli dichiarò quanto urgente fosse il caso, poichè forse la novizia avrebbe pronunziato i voti tra quindici giorni e non vi sarebbe stato più tempo nè mezzo di ridarla alla vita dell’amore e della felicità mondana. Con la spirituale solerzia, che gli uomini della religione mettono sempre in queste cose, il prelato eseguì puntualmente la commissione, e il giorno seguente potè assicurare a Ranieri Lambertini che il vicario aveva trovato un mezzo, per risolvere questo caso di coscienza. Gli dichiarò anche che il mezzo era rapido, ma che sarebbero dovuti passare almeno cinque o sei giorni, prima di conoscere una notizia certa.

Non solo cinque o sei giorni passarono, ma trascorsero invece otto mortali giorni, in cui Ranieri Lambertini non fece che agonizzare d’impazienza e di dolore. Infine, la risposta venne. Il vicario aveva incaricato per lettera il confessore della superiora di suor Orsola Benincasa di recarsi da costei, e d’invitarla a interrogare maternamente suora Grazia la novizia, che aveva lasciato in monastero il nome di Rachele Cabib; la badessa lo aveva fatto maternamente, invitandola ad invocare l’aiuto dello Spirito Santo; ella aveva interpellato