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la mano tagliata. 27


— Ricordati che devi spiegarmi l’enigma di quella scatola, domani.

— Se lo appuro!

— L’appurerai, l’appurerai. —

Héliane disparve dietro la cortina rossa: ed egli discese lentamente, a piedi, fumando quelle sue eccellenti sigarette russe, per le vie che conducevano al centro di Roma. Faceva un freddo asciutto, ma non crudo: ed egli camminava bene sul selciato secco, per le vie deserte, fra piazza delle Terme e il Tritone Nuovo.

Doveva rientrare? Andare al club delle cacce? Era presto, ancora: e adesso si pentiva di non aver accettato quella tazza di tè da Héliane Love. Non era un tranello, no, perchè quella cara, elegante donnina era troppo furba, per tendergliene uno, così grossolano: ma era un principio di tranello.

Fumando, fumando, si trovò in piazza Colonna. Non era stanco: ma si rammentò di aver dormito molto poco in quel giorno, e una delle regole costanti del suo egoismo era di dormir molto, moltissimo, sempre che potesse e dappertutto. Decise di andare in albergo.

Piazza di Spagna era assolutamente deserta, a quell’ora non avanzatissima della notte: ma è quartiere di forestieri, di alberghi, di case mobiliate e il silenzio vi si fa subito dopo le dieci. Egli bussò al campanello elettrico dell’Hôtel d’Europe e subito gli venne ad aprire il portiere, con una lanterna in mano. Mentre entrava, Roberto Alimena istintivamente si voltò: venendo da via Condotti e andando verso Propaganda, un uomo intabarrato, piccolo, correva lungo il muro: e così, in un lampo, Alimena pensò che fosse il suo sconosciuto del treno, quello che aveva dimenticato la misteriosa cassetta.

Alimena pensò anche, subito, di slanciarsi die-