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298 la mano tagliata.

la giornata in cui si sarebbe decisa la sorte di Maria, la sua, quella di Marcus Henner. Quella? E se Maria non si affidava a lui? Se Lewis, il maggiordomo, non voleva aiutarli? Se Marcus, già sospettoso, già diffidente, scopriva qualche cosa?

— Morirò, ma salverò Maria! — era questo il ritornello che fremeva nell’anima del giovane gentiluomo italiano.

Il cameriere dell’albergo entrò e gli portò la posta. Erano lettere dall’Italia che gli venivano respinte da Parigi, dove erano restate ferme un paio di giorni. Era una lettera del suo vecchio servo fedele, da Milano, che gli diceva aver avuto la casa un’aggressione di ladri, i quali avevano rovistato dappertutto e, forse perchè disturbati da qualche rumore avevano finito per non portare via nulla. L’aggressione era accaduta in una momentanea assenza del vecchio servo e di sua moglie.

— È Marcus Henner che cerca la mano di Maria, — disse fra sè Roberto che, oramai, intendeva tutte le infamie dell’orribile gobbo.

Un’altra lettera, un po’ più lunga, era dell’avvocato di Roberto Alimena, un grande avvocato napoletano, molto famoso per le sue brillanti difese e che egli aveva scelto per suo difensore, nell’accusa di omicidio che pesava su lui. L’avvocato, Mario Miranda, gli dava notizie buone e cattive del processo: la contessa Clara Loredana insisteva fieramente e freddamente nell’accusa, ma la deposizione di Ranieri Lambertini, completamente scolpante il conte Alimena, era di una grande importanza; anche il resto del discarico si poteva dire esauriente. Ma, ad ogni modo, il processo si sarebbe dovuto fare, e l’interessante era che Roberto Alimena non fosse rinviato alla Corte di Assise, perchè, allora, si sarebbe dovuto costituire in carcere.

E l’avvocato Mario Miranda insisteva perchè si