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198 | la mano tagliata. |
— Morire, non è un gran male, — mormorò la bionda e pallida novizia.
Poi, una nuova palpitazione la scosse, la convulsionò; ella si teneva stretta a suora Grazia; gemeva forte, senza fiato, coi denti stretti e le nari dilatate, cinerea nel viso.
— Oh Dio, muoio, muoio....
— Fatevi coraggio, sorella, coraggio.... —
Questo spasimo durò ancora una mezz’ora, nella quale suora Grazia tenne abbracciata suora Serafina, perchè ella non soffocasse; poi, l’angoscia si venne calmando, man mano, Grazia sentì chetarsi quel cuore sconvolto e farsi debole.
— Meglio, è vero? — chiese a Serafina, vedendo che ella socchiudeva gli occhi, come esausta.
— Meglio, sì. È passato: non morirò ancora.
— Questo male, lo avete sofferto altre volte?
— Sì: nel mondo.
— E non si può guarire?
— Pare di no.
— È grave?
— È gravissimo.
— Perchè vi siete chiusa, allora?
— Per vivere in pace, almeno, questo poco tempo che mi resta da vivere.
— E non avete trovato pace, mia sorella?
— No. Il mio male è implacabile.
— Abbiate fede!
— Ho fede, sì, ho fede, — balbettò suora Serafina, guardando nelle ombre della stanza.
— Un po’ di coraggio, anche!
— Ah quello, mia sorella, non lo ho più! — esclamò la novizia, crollando il capo.
— Avete avuto molte tribolazioni?
— Molte.
— Grandi?
— Grandi assai.
— Non ci pensate!