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la mano tagliata. | 197 |
chi sbarrati, le labbra schiuse e le ceree mani distese lungo la persona, come quelle di una morta. All’aprirsi della porta, non si era mossa, come se non avesse udito:
— Mia sorella, Serafina, che avete? — disse suora Grazia, piegandosi su lei, prendendole una mano fredda.
L’altra novizia la guardò, come trasognata e disse, balbettando:
— Muoio....
— Dove avete male? Ditemi; vi aiuterò.
— Al cuore.... — mormorò la infelice, quasi soffocando.
Difatti, suora Grazia, allora si accorse che la novizia affannava fortemente, che ogni tanto tentava sollevarsi sull’unico guanciale, quasi non potesse respirare.
— Che posso farvi, ditemelo?
— Nulla.... nulla.... — disse l’altra, come un soffio.
— Ma non posso vedervi soffrire così.
— Non importa, non importa, — mormorò la novizia, con un leggiero moto della testa.
Ma in questo momento il suo male le strappò un gemito più forte e si fece livida. Allora suora Grazia si slanciò su lei e la sollevò nelle sue braccia, perchè quella pareva che affogasse; la tenne stretta così, mentre quella muoveva la testa e la bocca quasi a bever l’aria che le sfuggiva. Tenendola abbracciata sentì che il cuore di suor Serafina batteva convulsamente, precipitosamente.
— Dio mio, — pensò — dovesse morire! —
Suor Serafina, però, in quella posizione, respirava meglio; potè dire:
— Se non mi alzavate, morivo....
— Volete qualche cosa? Chiamo qualcuno?
— No. Sarebbe inutile.
— Così, senza soccorsi....