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la mano tagliata. 11

e un uomo: e che egli avrebbe potuto, Roberto Alimena, riprendere il suo sonno interrotto.

— Purchè non salga qualcun altro, ora, — borbottò fra sè quel grazioso egoista che odiava, et pour cause, le ferrovie italiane così mancanti di agi e di comodità.

Per il suo compagno di viaggio non ebbe neppure un istante di curiosità. Appena, se lo guardò. Che gliene premeva? Tentò di dormire, sdraiandosi di nuovo: ma restò con gli occhi aperti. Accese una sigaretta, sperando che il fumo gli facesse ritornare un po’ di sonno. Niente. Pazientemente, pensando che avesse dormito abbastanza, si rialzò e si accomodò a sedere, senza occuparsi punto del signore che era dirimpetto a lui. Ma nell’accomodare la sua pelliccia, sulle gambe, urtò contro un piede del viaggiatore, sullo scaldapiedi:

Pardon, — gli disse subito Roberto Alimena. Costui non rispose: non mosse neppure il capo.

— Che ineducato! — pensò fra sè, il giovane signore.

E, subito, si calmò.

— Forse non sa il francese, — pensò ancora Alimena — sarà un tedesco, un inglese. —

Così, guardò il suo compagno di viaggio. Il suo vagone era rischiarato da quel tale fioco lumicino a olio, che serviva appena a diradare le tenebre, negli scompartimenti: lumicino che, quando il treno correva, era così vacillante che faceva persino male agli occhi. In quelle incerte penombre, Roberto Alimena vide un uomo chiuso in un grosso paletot oscuro, dal bavero alzato e chiuso sul mento da una faldetta di panno con due bottoni: la parte inferiore della persona spariva sotto un plaid di lana, molto ampio e oscuro: le mani erano calzate di guanti di lana marrone. L’uomo portava un berretto calcato sugli occhi, con due