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la mano tagliata. 121


Stette così, aspettando mezz’ora nel più intenso turbamento: ed era così eccitata, che due colpetti battuti alla sua porta, la fecero sussultare.

— Chi è?

— Sono io, tuo padre.

— Che volete?

— Aprimi.

— Che volete?

— Voglio che tu mi apra, — disse la voce irata di Mosè Cabib.

— Siete solo?

— Sì, sono solo, — replicò lui, sempre in collera.

Ella schiuse la porta un pochino ed il vecchio entrò; difatti nessuno lo seguiva. Egli dette uno sguardo in giro per la stanza, con la sua solita diffidenza, poi le disse:

— Vieni un momento, giù.

— Perchè? — chiese lei, aggrottando le sopracciglia.

— Qualcuno vuole vederti.

— Chi è costui?

— Il Maestro, — e la voce di Mosè Cabib si fece umile, timorosa, rispettosa.

— Egli non ha nessun bisogno di vedermi, — replicò lei, gelidamente.

— Sì, ne ha bisogno assoluto, — ribattè Mosè con durezza.

— Io non ho bisogno di veder lui, — rispose la figliuola, decisa ad affrontare qualunque scena.

Devi vederlo.

— Debbo? Chi me lo impone?

— Io. — Ella tacque, un minuto.

— E se disobbedissi?

— Porterei il Maestro quassù.

— No! — gridò lei. — Nella mia stanza, no! Dove è il ritratto di mia madre, no!