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la mano tagliata. 117


— Siete armato? — domandò Ranieri, sottovoce a Roberto.

— Sì, — disse costui, pianissimo e freddamente. — E voi?

— Io pure, — rispose Ranieri — ma la presenza di Héliane m’imbarazza. —

Roberto crollò le spalle, con un atto di rassegnazione. La corsa sulla via Nomentana assumeva un aspetto fantastico. Allora quella strada di campagna non aveva quella lunga fila di palazzi e di villini che ora vi sorgono; salvo tre o quattro grandi ville, sul principio, tutte oscure e forse deserte, non vi era altra traccia di abitazioni. La illuminazione era molto scarsa. Un fioco lampione, ogni cento passi. E dai due lati si estendeva la campagna romana, vasta, deserta, nera. Un’aria fredda e umida faceva rabbrividire i tre persecutori e a ogni lampione che passavano, la luce che si ripercuoteva sulle loro figure, ne mostrava il pallore e gli occhi un po’ stralunati.

Fantastica caccia! Roberto Alimena e Ranieri Lambertini erano certi di avere innanzi a sè, in quella carrozza, il loro peggiore nemico, un essere nefasto e terribile: e in quella donna bianca, chi sa che cosa sognavano! Héliane Love, donna disoccupata e anima immaginosa, come tutte le donne, era giunta a un certo parossismo anche lei. La notte, l’oscurità, questa corsa a traverso l’austera e tetra campagna romana, tutto veniva ad eccitare in sommo grado anche una persona estranea al dramma, come Héliane.

Ma la vettura dei perseguitati quasi pareva avesse messo le ali. Si udiva, ma poco si distingueva più. Quando vi erano delle salite e delle discese, spariva: quasi s’inabissava. E andava, andava, sempre più lontano.

— Sembra un tranello, — mormorò Ranieri all’orecchio di Roberto.