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La Conquista di Roma 83

di lana cremisi. Due altre sedie di legno nero compivano il mobilio.

«Questo è il salotto», disse il sor Alessandro, con la sua voce strascicata ed esile, guardando in aria, con le mani freddolosamente cacciate nelle tasche della giacchetta.

Francesco Sangiorgio si accostò al balcone: dava sopra una corte interna, su cui molti altri balconi e terrazzini, e logge coperte tutte di legno, e finestrini sporgevano. Dietro i tetti di una casa un ramo secco di albero spuntava. Dal fondo del cortile saliva un forte odore di cucina, di rigovernatura e di acqua dove avevano bollito dei cavoli. Il sor Alessandro non diceva nulla, conservava la sua aria indifferente, lasciando che il deputato esaminasse il quartino.

La camera da letto era accanto, lunga e stretta come il salotto. Nel senso della lunghezza vi era il letto. Innanzi al letto un tappetino, come nel salotto, e accanto una poltrona di lana azzurra, con una macchia che aveva corroso il colore, nel fondo. All’altra parete un canterano, con un piano di legno un po’ macchiato, qua e là enfiato, come se vi fossero stati poggiati dei bicchieri bagnati: sopra, due candelieri di ottone, senza candele.