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La Conquista di Roma 81

di carta che gli aveva dato il sensale delle case: era proprio quel nome. Picchiò.

Per qualche tempo non gli vennero ad aprire: picchiò di nuovo, debolmente. Poi un gran rumore di chiavistelli, di catenacci, di paletti aperti e rinchiusi, s’intese, ma alla porta di destra: e infine, chetamente quella di mezzo, si schiuse un pocolino. Un uomo alto, con un grande naso rosso e due falde di capelli lucidi attaccati alle tempie, comparve: l’onorevole si toccò il cappello e domandò se vi fosse il signor Alessandro Bertocchini. Era appunto lui, l’uomo dal naso peperonico e dal viso scialbo. «Non si affittava un quartino mobiliato, a quel terzo piano?» Il sor Alessandro squadrò l’onorevole Sangiorgio, adocchiò fra lume e lustro la medaglia d’oro e disse: «Sicuro, c’è un quartino da affittare, mobiliato: vado a prendere le chiavi.» E ficcandosi in tasca le mani rovinate dai geloni, piantò il deputato sul panerottolo. Dalla porta aperta un’anticameruccia si vedeva, con una sedia, un tavolino e un lume: e un odore di stantìo, di casa vecchia, di di polvere antica, pizzicava la gola.

«Eccomi qua», mormorò, col suo filo di voce falsa, il sor Alessandro.