lunghissimo applauso scoppiò, applauso sordo e prolungato di mani inguantate: le signore, in piedi, applaudivano anche esse, piegandosi sulle spalle dei deputati, per meglio vedere. Ritta nella tribuna diplomatica, circondata dalle sue dame, la Regina salutava in giro: e la bianchezza perlacea del volto vinceva la intonazione legnosa del fondo. Ella appariva fresca e giovane, tutta serena, sotto la falda di paglia dorata del suo cappello, che un piumetto color fragola adornava; e mentre sembrava finita l’acclamazione, e la Regina sedeva, più innanzi del suo squadrone di dame, tutto il pubblico fu ripreso da un riflusso di ammirazione per quella poetica figura, un nuovo applauso strepitoso, assordante, salutò ancora la Regina. E un’agitazione regnava dovunque: sulla scalea a destra, le signore si desolavano, erano sotto la tribuna del corpo diplomatico, non vedevano la Regina; quelle della presidenza, erano felici, non vedevano il Re, è vero, purtroppo, ma vedevano la Regina, a due metri di distanza; quelle della scalea a sinistra perdevano una metà dello spettacolo, tutto il corpo diplomatico, in grande uniforme nella tribuna dei senatori, con le mogli degli ambasciatori e dei ministri italiani — e le