Pagina:Serao - La conquista di Roma.djvu/69


La Conquista di Roma 65

gliandoli di sbieco: prima ne illuminò le ghette bianche, poi il cappotto turchiniccio, poi il kepì di pelle nera e finalmente battè, linea smagliante, sulle canne dei fucili. E di lontano, un rombo lieve, breve, arrivò: l’eco di una cannonata. E dall’uno all’altro di tutti gli astanti, dai balconi alle finestre, dalle strade ai vicoli, fu un fluttuamento, un sospiro enorme di soddisfazione:

— Il corteo, il corteo, il corteo, — diceva, sottovoce, con un clamore crescente, la folla.

Nell’aula fu anche udito il rombo del cannone: per un istante vi regnò un silenzio perfetto. Poi un mormorio crebbe, si elevò, i ventagli ricominciarono ad agitarsi, il chiacchierio sottile e penetrante femminile, il passo di coloro che giravano pel corridoio, cercando invano un posto, il fruscio degli abiti serici, si confusero, si fusero. L’aula era trasformata. Circolarmente, mediante una impalcatura, l’altezza dei setttori era stata elevata sin quasi a livello delle tribune, formando così una grande tribuna provvisoria, dove quattro file profonde di pubblico, sedevano proprio dietro le spalle dei deputati dell’ultimo banco; sulle due scale laterali, quelle che gli uscieri conoscono per doverle salire e scendere