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cappello, cavò via tre forcinelle bionde, il pettine di bionda tartaruga e scosse i bruni capelli per le spalle, ridendo ancora, come una bimba che fa un giuoco.

«Come son belli, come son belli!» diceva egli con voce semispenta, pigliandone ogni tanto una ciocca, e baciandola.

«Si può entrare in camera vostra, per acconciarsi?» diss’ella, balzando in piedi, tutta rosea e fresca sotto quel manto.

Non era mai entrata lì dentro, non ne aveva mostrata la curiosità: ma ora non aveva neppure aspettata la risposta, era già entrata, familiare, confidente, senza sospetto. Pure era rimasta colpita innanzi a quell’azzurro listato di argento, così serio e così amoroso nel medesimo tempo. Si passava fra i capelli il pettine biondo, macchinalmente, senza guardarsi nello specchio Pompadour, come se pensasse a tante cose mai pensate. Accanto a lei, Sangiorgio non parlava. Poi, ella chinò un minuto gli occhi sulla coltre di velluto azzurro, vide la lettera maiuscola che vi era ricamata, vide quell’audacia e diede un leggiero grido di angoscia: guardò negli occhi di Sangiorgio e la verità le fu palese. Muta, rac-