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La Conquista di Roma 439

odiava al punto da desiderarlo vinto, avvilito, insultato, disonorato, morto. Egli gli aveva presa donn’Angelica: egli ne aveva inaridita l’anima, l’aveva resa delusa e incapace di nuove illusioni, infelice e diffidente della felicità, non l’aveva amata e le aveva tolta la facoltà di amare; egli, egli aveva ancora in suo potere Angelica. E Sangiorgio odiava don Silvio, questo marito, con la collera, la gelosia, il disprezzo e la ingiustizia dell’amante che ama veramente.

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Ma non solo questo narrava donn’Angelica, in quelle visite a Piazza di Spagna: con quella ingenuità infantile delle donne che ignorano il peccato, con quella incosciente, ma pericolosa lealtà che rassomiglia tanto alla provocazione e alla civetteria, ella si abbandonava a quelle confidenze picciolette di sensazioni, di usi, di consuetudini, di gusti che formano la base della vita femminile.

Sangiorgio conosceva, ora, minutamente, tutta la giornata di donn’Angelica: a tutte le ore, chiudendo gli occhi, egli si poteva figurare quello che facesse, tante volte ella gli aveva narrato le occupazioni predilette.