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434 | La Conquista di Roma |
a umanizzarla, a femminizzarla. Quanto veniva da lei, era una grazia; dalle sue mani piovevano rose; ella portava con sè la felicità. Niente altro ella doveva fare che esistere, apparire, sorridere, scomparire: questo ella faceva.
Sicchè la personalità di Sangiorgio sempre più scompariva. Angelica non si occupava di quello che egli avesse pensato o sentito o sofferto, mentre ella non era venuta; non gli chiedeva nulla di lui, delle sue ore, delle sue occupazioni, dei suoi desiderii; non aveva nessuna curiosità di conoscerlo. Gli dava del voi, era questa la sola familiarità; lo chiamava Sangiorgio, poichè quel nome di Francesco era troppo volgare, troppo antipatico: e lui che sentiva questa volgarità e quest’antipatia, se ne doleva, ma non osava pregarla di chiamarlo per nome.
Seduta accanto a lui, guardando la grande croce di velluto nero che tagliava la stoffa di broccato giallo, con una vivacità e nello stesso tempo con una cupezza di tinta passionale, ella si piaceva di parlargli, lungamente, lungamente, vedendo l’estasi con cui egli l’ascoltava. Angelica obbediva a quel continuo bisogno di espansione che hanno le donne, per le piccole e per