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412 | La Conquista di Roma |
Sentiva egli questo ghiaccio che gli si formava intorno, questo abbandono del pubblico, questo uscire dalla vita pubblica: aveva il senso di questo dissidio fra il suo spirito e la politica: intendeva che ogni giorno di assorbimento nel nuovo ideale consumatore lo allontanava, per migliaia di miglia, dai vecchi ideali: tutto intendeva.
Non cieco, no: non acciecato, ma veggente e volente il sacrificio. Non vittima mormorante parole di disperazione, non ribelle che oltraggia il tiranno: ma martire soddisfatto, felice, che vede scorrere con delizia tutto il miglior sangue delle sue vene. Anzi, più il suo amore gli toglieva, più cresceva il suo ardore: maggiore il desiderio del sacrificio. Così, una specie di lugubre, dolorosa voluttà lo colpiva, quando al mattino soleggiato egli abbandonava le vie piene di gente e il lavoro e il movimento e la vita, per andare a rinchiudersi in una stanzetta, ed aspettare. Come il fanatico adoratore di Buddha, egli saliva o discendeva tutti i cerchi dell’annichilimento, sino all’astrazione completa e amarissima, sino al nirvano pieno di dolore.
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Era nel primo mattino odoroso di maggio, nel